Orwell e l’utopia negativa nel suo romanzo “1984”

Durante il dopoguerra, la poesia assunse nuove forme, non solo in Italia ma in tantissime altre nazioni europee.

Nel caso della Gran Bretagna, lo scrittore George Orwell attraverso il suo romanzo “1984“, affronta una delle tematiche che nel dopoguerra rappresentava un vero e proprio pericolo per la civiltà occidentale: il totalitarismo.
Questo termine indica un fenomeno (prettamente inerente al XX secolo) che si distingue dai precedenti dispotismi che hanno avuto luogo nel corso della storia: esso non si limita soltanto all’asservimento esteriore dell’uomo, ma mira a dominarlo anche da un punto di vista interiore, rendendolo incapace di compiere delle scelte libere e consapevoli. Le coscienze vengono dunque manipolate dal punto di vista politico e sociale, portando così ad un unico pensiero di massa: tutte gli individui dovevano pensare in un determinato modo come conseguenza delle decisioni prese al potere.

Orwell a tal proposito decide di offrire una sorta di utopia negativa.
Negativa in quanto si distingue da quelle rinascimentali dove vengono prefigurate delle società perfette, prive di ingiustizie di ogni natura ma composte solo da pace, amore e felicità. L’utopia di Orwell, nel suo romanzo, rappresenta una dettagliata descrizione dell’incubo totalitario della società futura (in quanto l’opera fu scritta nel 1948).

Si tratta dunque di una proiezione negativa nel futuro, dove c’è il trionfo dell’autoritarismo, della violenza, dell’odio e dello squallore. Niente di più negativo.

Ciò che ha ispirato maggiormente Orwell è strettamente legato alla questione politica.
Egli infatti era di sinistra ma di orientamento anarchico: era dunque ostile al comunismo di tipo sovietico. Questo regime staliniano, secondo lo scrittore esercitava un potere di controllo totale sui sudditi, definito il “Grande Fratello” (proprio da questo si ispira il reality show, ossia il fatto che gli individui sono costantemente controllati da dei terzi, 24 ore su 24).
Il romanzo ha una trama molto interessante (venne definito un “romanzo ben fatto”) in cui lo svolgimento delle vicende viene raccontato in terza persona da un narratore eterodiegetico: questo vale a dire che non è Orwell a narrare il tutto ma viene esposto il punto di vista soggettivo di uno dei personaggi.

Il tutto viene raccontato attraverso un effetto drammatizzante, dando di conseguenza alla trama una continua suspense e tensione.
Da questo punto di vista Orwell non introduce delle vere e proprie innovazioni, ma si ispira allo stile inglese ed americano di fine ‘800.
Però, proprio per l’unicità della trama, “1984” resta uno dei romanzi più belli di sempre.

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